Seneca, De tranquillitate animi, 14, 4-10
Canus Iulius, vir in primis magnus, cuius admirationi ne hoc quidem obstat quod nostro saeculo natus est, cum Gaio diu altercatus, postquam abeunti Phalaris ille dixit: “Ne forte inepta spe tibi blandiaris, duci te iussi. Gratias, inquit, ago, optime princeps.” Quid senserit dubito; multa enim mihi occurrunt. Contumeliosus esse voluit et ostendere quanta crudelitas esset, in qua mors beneficium erat? An exprobravit illi cotidianam dementiam? Agebant enim gratias et quorum liberi occisi et quorum bona ablata erant. An tamquam libertatem libenter accepit? Quicquid est, magno animo respondit. Dicet aliquis: potuit post hoc iubere illum Gaius vivere. Non timuit hoc Canus: nota erat Gaii in talibus imperiis fides. Credisne illum decem medios usque ad supplicium dies sine ulla sollicitudine exegisse? Verisimile non est quae vir ille dixerit, quae fecerit, quam in tranquillo fuerit. Ludebat latrunculis. Cum centurio, agmen periturorum trahens, illum quoque excitari iuberet, vocatus numeravit calculos et sodali suo: “Vide, inquit, ne post mortem meam mentiaris te vicisse.”
Tum, annuens centurioni: “Testis, inquit, eris uno me antecedere.” Lusisse tu Canum illa tabula putas? Illusit. Tristes erant amici, talem amissuri virum: “Quid maesti, inquit, estis? Vos quaeritis an immortales animae sint; ego iam sciam.” Nec desiit veritatem in ipso fine scrutari et ex morte sua quaestionem habere. Prosequebatur illum philosophus suus, nec iam procul erat tumulus in quo Caesari deo nostro fiebat cotidianum sacrum. Is: “Quid, inquit, Cane, nunc cogitas? aut quae tibi mens est? – Observare, inquit Canus, proposui illo velocissimo momento an sensurus sit animus exire se.” Promisitque, si quid explorasset, circumiturum amicos et indicaturum quis esset animarum status. Ecce in media tempestate tranquillitas, ecce animus aeternitate dignus, qui fatum suum in argumentum veri vocat, qui, in ultimo illo gradu positus, exeuntem animam percontatur, nec usque ad mortem tantum, sed aliquid etiam ex ipsa morte discit: nemo diutius philosophatus est. Non raptim relinquetur magnus vir et cum cura dicendus: dabimus te in omnem memoriam, clarissimum caput, Gaianae cladis magna portio!
2010-1-anno
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Ti forniamo di seguito la nostra traduzione.
Cano Giulio, uno degli uomini più grandi, cui neanche l’essere nato nella nostra generazione può impedire che lo si ammiri, dopo una lunga lite con Caligola, quando quel Falaride gli ebbe detto mentre andava via “Nel caso ti illuda con una speranza vana: ho dato ordine che tu sia messo a morte”, ribatté “ti ringrazio, eccellente sovrano”. Non sono sicuro di cosa provasse: mi vengono in mente diverse possibilità. Voleva essere offensivo e mostrare quanto grande fosse la crudeltà in seno alla quale la morte era un beneficio? Oppure gli rinfacciava la follia cui era dato corso quotidianamente? Lo ringraziavano, infatti, anche coloro i cui figli fossero stati uccisi e i cui beni sottratti. O accolse la morte di buon grado, come una liberazione? Qualsiasi sia l’ipotesi vera, ha risposto con grandezza d’animo. Qualcuno dirà: Gaio avrebbe potuto, a quel punto, dare ordine che egli restasse vivo. Cano non lo temeva: era ben nota la costanza di Gaio in questo tipo di ingiunzioni.
Credi che egli abbia passato i dieci giorni che lo separavano dal supplizio senza alcun pensiero? Non si riesce a credere che cosa abbia detto, cosa fatto, quanto sia stato sereno. Giocava ai ‘ladruncoli’. Poiché il centurione , che portava con sé la schiera di quanti erano destinati alla morte, intimava che anch’egli fosse fatto muovere, una volta chiamato contò le pietruzze e disse al suo compagno “Bada a non raccontare, dopo la mia morte, che hai vinto tu”. Quindi, rivolto al centurione: “Testimonierai che sono in vantaggio di una pietruzza”. Pensi che Cano suscitasse il riso con quell’affare della scacchiera? Era irrisione. I suoi amici erano abbattuti, visto che in procinto di perdere un tale uomo; dice “Perché siete tristi? Voi cercate di sapere se le anime siano immortali; io, ormai, sto per saperlo”. Né smise di indagare la verità sulla soglia stessa della vita e di fare della sua morte un occasione di ricerca. Il suo filosofo lo accompagnava e, ormai, non era lontano il tumulo in cui a Cesare, nostro dio, si celebrava un quotidinano sacramento. Il centurione: “Cosa pensi in questo momento, Cano? Di che animo sei?” “Mi sono proposto di osservare” – dice Cano “in quel rapidissimo momento se lo spirito si accorgerà che sta lasciando il corpo”. E promise, se avesse avuto qualche risultato dall’indagine, di andare tra gli amici e di indicare quale fosse la condizione delle anime. Ecco, nel mezzo della tempesta, la tranquillità, ecco un animo degno dell’eternità, che chiama il proprio caso a rendere testimonianza del vero, che, all’ultimo passo, esamina l’anima che lascia la terra, e non impara solo fino alla morte, ma nella morte stessa: non c’è nessuno che abbia fatto filosofia più a lungo. Quest’uomo grande, del quale è giusto che si parli con attenzione, non verrà lasciato d’un colpo da parte: ti consegneremo alla memoria di tutti i tempi, essere illustrissimo, tu, parte grande della disfatta di Gaio.
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1. Domanda
La prima persona del presente indicativo di natus est è:
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2. Domanda
Nella frase Ne forte inepta spe tibi blandiaris, duci te iussi cosa vuol dire duci te iussi?
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3. Domanda
La prima persona del presente indicativo di senserit è:
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4. Domanda
Nella frase postquam abeunti Phalaris ille dixit si nota una particolare figura retorica: al posto di un sostantivo è usato un nome proprio che, nella mente dei lettori, ne possiede eminentemente le qualità. Parliamo di una:
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5. Domanda
La corretta interpretazione della frase multa enim mihi occurrunt è:
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6. Domanda
Nella frase Verisimile non est quae uir ille dixerit, quae fecerit, quam in tranquillo fuerit le interrogative indirette quae ille dixerit.. fecerit …fuerit sono, rispetto alla loro reggente, in rapporto di:
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Domanda 7 of 18
7. Domanda
Lusisse Canum illa tabula putas?
Scegli la traduzione:
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Domanda 8 of 18
8. Domanda
Nella frase et quorum liberi occisi erant il participio occisi viene dal verbo:
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9. Domanda
Testis, inquit, eris, uno me antecedere
In questa frase è sottinteso il sostantivo riferito all’aggettivo uno, che sarà:
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Domanda 10 of 18
10. Domanda
Nelle due proposizioni contigue Lusisse Canum illa tabula putas? e Illusit si realizza una figura retorica. Quale?
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11. Domanda
Tristes erant amici, talem amissuri uirum
In questa frase amissuri è un participio predicativo del soggetto?
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Domanda 12 of 18
12. Domanda
Nec procul erat tumulus in quo Caesari deo nostro cotidianum fiebat sacrum
Qual è la corretta interpretazione di questa frase?
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Domanda 13 of 18
13. Domanda
Il presente indicativo di desiit è:
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Domanda 14 of 18
14. Domanda
La frase et ex morte sua quaestionem habere significa:
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Domanda 15 of 18
15. Domanda
Gratias ago tibi, optime princeps
Da questa frase, in particolare dall’uso del termine princeps, si può dedurre che l’imperatore di cui si parla, all’epoca dei fatti descritti, non era ancora salito al potere o, al più, lo esercitava in correggenza con il padre.
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Domanda 16 of 18
16. Domanda
Si può dire che lo stile del brano proposto, in generale, è decisamente orientato verso l’ipotassi?
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Domanda 17 of 18
17. Domanda
Nella frase postquam abeunti Phalaris ille dixit si fa riferimento a Falaride, evidentemente in termini negativi. Falaride in effetti era:
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18. Domanda
Il Gaio al quale si allude è il personaggio che in genere chiamiamo:
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