Si avvicinava ormai l’anno in cui doveva sorteggiare il proconsolato d’Africa e d’Asia, e poiché Civica era stato ucciso recentemente non mancava ad Agricola un avvertimento né a Domiziano un precedente. Avvicinarono Agricola alcuni che erano a conoscenza dei pensieri del principe, per chiedergli di propria iniziativa se sarebbe andato in una provincia. E in un primo momento lodavano in modo alquanto celato la vita appartata e il ritiro dalla vita politica, poi offrivano il loro aiuto per fare accettare la sua richiesta di esenzione, infine senza più nascondersi consigliandolo e minacciandolo al tempo stesso lo trascinarono di fronte a Domiziano. Questi, maestro nell’arte di fingere e con atteggiamento arrogante, ascoltò le preghiere di lui che declinava l’incarico e, avendo dato il suo assenso, lasciò che gli venissero rivolti ringraziamenti, né si vergognò per l’odiosità della concessione. Tuttavia non accordò ad Agricola il compenso proconsolare che veniva offerto di solito e che era stato concesso ad alcuni da lui in persona, sia che si fosse offeso perché non gli era stato chiesto, sia per lo scrupolo che non sembrasse aver comprato ciò che aveva vietato. È proprio della natura dell’uomo odiare colui al quale si è fatto del male; certo l’indole di Domiziano, propensa alla collera e quanto più oscura tanto più implacabile, tuttavia era mitigata dalla moderazione e dalla prudenza di Agricola, perché non provocava la fama e la morte con una vuota ostentazione di libertà. Sappiano, coloro che hanno l’usanza di ammirare gli atti di illegalità, che possono esserci grandi uomini anche sotto cattivi imperatori, e che la subordinazione e la moderazione se ci sono zelo e forza d’animo si elevano a una gloria tale quale quella con cui molti, attraverso un percorso arduo ma senza alcun vantaggio per lo Stato, sono diventati famosi tramite una morte spettacolare.

La sua morte fu motivo di lutto per noi, di tristezza per gli amici, e non fu indifferente neppure agli estranei e a quanti non lo conoscevano. Anche il volgo e quella gente che svolgeva altre attività si recarono più volte a casa sua e parlarono di lui nelle piazze e nelle occasioni di aggregazione; e nessuno, udita la notizia della morte di Agricola, se ne rallegrò o se ne dimenticò subito. Aumentava la commiserazione l’insistente diceria che fosse stato ucciso col veleno; io non oserei affermare che ce ne fosse alcuna prova. Del resto per tutto il corso della sua malattia i più in vista tra i liberti e i più fidati tra i medici si recarono da lui più spesso di quanto sia costume di un imperatore che fa visite tramite dei messi, che fosse quella una reale preoccupazione o spionaggio. E proprio nell’ultimo giorno era noto che gli istanti stessi della sua agonia erano stati riferiti tramite messaggeri preposti allo scopo, senza che nessuno credesse che venissero affrettate in quel modo notizie che Domiziano avrebbe appreso con tristezza. Tuttavia nell’animo e nel volto ostentò un’apparenza di dolore, ormai libero dall’odio e propenso a dissimulare più facilmente la gioia che la paura.