«[…] Bacia la mano a Babbo e a Mamma: salutami tutti: abbiti cura, e non stare al sole. Io ho finita ormai la Crestomazia poetica: e dopo due anni, ho fatto dei versi quest’Aprile; ma versi veramente all’antica, e con quel mio cuore d’una volta. Addio, addio». Sono le parole con cui si conclude la lettera che Giacomo Leopardi inviò alla sorella Paolina il 2 maggio 1828 e in cui annuncia il proprio “risorgimento poetico” dopo il lungo silenzio durato – a meno di due eccezioni – dal 1822 al ’28.

Quale altro componimento, insieme alla canzone A Silvia, inaugura, a Pisa, la seconda stagione lirica leopardiana?

A quale opera della latinità classica s’ispirano i vv. 46-47 della Palinodia al marchese Gino Capponi di Giacomo Leopardi, «[…] se pino o quercia / suderà latte e mele […]»?Il verso leopardiano si riferisce al v. 30 della IV ecloga: «et durae quercus sudabunt roscida mella».]

Come si legge in una delle Note d’autore allegate alle edizioni Firenze 1831 e Napoli 1835 dei Canti, Giacomo Leopardi dichiara di avere impiegato deliberatamente una «licenza, usata da parecchi scrittori antichi», attribuendo all’antica regione della Tracia un evento bellico avvenuto altrove: a quale canto si deve ricondurre la nota?

Nella prosa Il sabato, Giovanni Pascoli – riferendosi al Sabato del villaggio – scrive: «Ora il Leopardi (io pensavo fermandomi a guardare i monti di Macerata, sui quali si contorcevano alcune nuvole in fiamma, come dolorando), il Leopardi questo “mazzolin di rose e di viole” non lo vide quella sera […]».

Che cosa intende rimproverare al poeta?

Quale tra questi autori segnò una tappa fondamentale per la storiografia letteraria italiana dell’Ottocento, pur essendosi tutti dedicati variamente a studi di critica?