Descrizione: Orlo ad anello, collo cilindrico e parte superiore di ansa a gomito, a sezione circolare, con bollo in cartiglio rettangolare, su tre righe, fratturato a sin., al margine e nella metà inferiore. Sono leggibili il nome dell’eponimo (epi Aristogeitou) e la parte finale del mese (… iou; integrabile come Agrianiou): [Ε]ΠΙΑΡΙΣΤΟ / [Γ]ΕΙΤΟΥ / [ΑΓΡΙΑΝ]ΙΟΥ.
Dagli oggetti alla storia: Le anfore rodie sono facilmente riconoscibili e databili per la loro forma standardizzata e per la frequente presenza di bolli. Circolari o rettangolari, essi riportano il nome del fabbricante o dell’eponimo – identificato nel sacerdote di Helios – e, a partire dal 240 a.C., anche il mese del calendario rodio. Nel nostro bollo, anche se incompleto, si riconosce bene l’eponimo (che dà il nome) Aristogeitos, in carica nel 141-140 a.C., mentre poco rimane del nome del mese, identificabile con Agrianios. La forma caratteristica delle anfore associata alla presenza di bolli con simboli e nomi “ufficiali” costituiva una garanzia di autenticità e genuinità del prodotto contenuto: quel vino di Rodi che viene descritto da Plinio (HN, 14,78) come un “vinum salsum”, cioè ottenuto da uve molto mature brevemente seccate al sole e addizionato con acqua di mare prima della fermentazione. Questa pratica mirava a favorirne la conservazione, poiché le proprietà antisettiche del cloruro di sodio impedivano la trasformazione in aceto e la formazione di muffe. Un vino che, secondo Orazio (Sat., 2,4,29), era anche molto apprezzato in medicina per le sue particolari proprietà.